Si respira una certa ansia attorno alla Federal Reserve in vista del tapering – ovvero, la riduzione degli stimoli monetari – ormai prossimo che sancirà l’inizio di uno scenario non proprio rassicurante: tassi in rialzo, mercati in movimento, grattacapi per i possessori di un debito molto alto.
Stando alle stime di Merrill Lynch, l’indebitamento di governi, famiglie e imprese è salito dal 200% registrato nel 2007, l’anno che ha preceduto il famigerato scoppio della bolla Lehman, al 235% del primo trimestre del 2015. Insomma, l’ammontare globale del debito è aumentato di altri 50 trilioni di dollari.
Gran parte di questa cifra va attribuita ai governi, i cui debiti sovrani sono cresciuti di 20 trilioni di dollari a causa delle ingenti iniezioni di capitali pubblici stanziati per stimolare le relative economie. Meno esoso l’indebitamento delle famiglie, cresciuto di “appena” 6 trilioni di dollari; fra i tanti motivi dietro quest’atteggiamento cauto c’è la crisi globale, principale fattore della riduzione generalizzata dei consumi. Negli Stati Uniti, invece, la deflagrazione dei mutui e dei subprime ha imposto delle regole più severe sulla concessione di prestiti e servizi finanziari simili.
Ad ogni modo, ciò che balza subito all’occhio è la grande fetta di risparmi globali impiegati nel mercato dei titoli azionari e nel supporto dei Paesi emergenti. Tentativi lodevoli, ma che si reggono su basi estremamente deboli che diventeranno, di qui a poco, dei pericolosi elementi di instabilità finanziaria capaci di corrodere, a lungo andare, quanto di buono realizzato sino ad ora. Sarà brutto a dirsi, ma il quadro generale è decisamente cupo.