Il Presidente del Consiglio Renzi, dal momento del suo insediamento ad oggi, circa 2 anni, ha messo in atto una serie di detrazioni fiscali davvero, a primo impatto, impressionanti. E allora: meno Irap, bonus da 80 euro, decontribuzione per gli assunti del 2015 e del 2016, detassazione del salario di produttività, agevolazioni nel calcolo degli ammortamenti, abolizione della tassa sulla prima casa e sui macchinari imbullonati, e altro ancora. Le riduzioni in tutto ammontano a 40 miliardi, entrate di cui lo Stato deve fare a meno. Ma sarà proprio così? Approfondiamo.
La storia è vera ma è incompleta. Come si combinano tagli fiscali di 40 miliardi e un aumento di prelievo di 20? Le ragioni sono molteplici.
Innanzitutto, la sola esistenza dell’inflazione fa aumentare il Pil e quindi il prelievo fiscale: la gente ha lo stesso potere d’acquisto di prima ma il Governo elimina più tasse perchè le aliquote fiscali sono costanti. Una seconda ragione è che alcune riduzioni non sono delle vere e proprie riduzioni delle imposte, ma semplici rinunce ad attuare progetti precedenti.
Ma il motivo principale è che ridurre alcune tasse non impedisce di aumentarne altre.
Molte manovre finanziare della pubblica amministrazione sono ricche di piccoli e grandi aumenti che sfuggono all’opinione pubblica e che quindi non sono contestabili solo perchè non se n’è a conoscenza. Per questo la pressione fiscale complessiva, che Renzi ha promesso di portare dal 44,2% al 42,2 % resta sostanzialmente invariata. Quindi non è cambiato nulla, e non è vero che gli italiani pagano meno tasse.