Quando si decide di avviare un’attività di lavoro autonomo ci sono diversi aspetti che vanno presi in considerazione: tra le tante cose da fare c’è anche l’apertura della partita IVA. Parliamo di quel codice composto da 11 cifre che identificano il soggetto sottoposto ad un determinato regime fiscale. Ma qual è il costo dell’apertura della partita IVA e qual è la documentazione necessaria per portare a termine l’operazione?
Documentazione e adempimenti
La procedura per aprire una partita IVA non è particolarmente difficile. In sintesi bisogna presentare un’apposita richiesta all’Agenzia delle Entrate, che attribuisce e comunica al richiedente il suo codice composto da 11 cifre. Il primo passo consiste quindi nella compilazione del modello AA9/12 (per le persone fisiche) o AA7/10 (per gli altri soggetti), ovvero della dichiarazione di inizio attività; il modello può essere scaricato dal sito ufficiale dell’Agenzia delle Entrate e, una volta compilato, va consegnato all’Agenzia stessa insieme ad un documento di identità entro 30 giorni dal primo giorno di attività. La consegna può avvenire sia fisicamente presso un ufficio dell’Agenzia che telematicamente o con posta raccomandata.
Un momento importante nella procedura di apertura di partita IVA è la scelta del codice ATECO, ovvero il codice che corrisponde all’attività che si intende svolgere. Se l’attività svolta cambia è necessario comunicare all’Agenzia delle Entrate il codice della nuova attività. Altri adempimenti legati all’apertura della partita IVA sono la regolarizzazione delle proprie posizioni INPS (a cui si dovranno versare i contributi) e INAIL (per l’assicurazione obbligatoria) ed eventualmente l’iscrizione al Registro delle Imprese. Ma quanto costa aprire una partita IVA?
I costi di apertura partita IVA
L’apertura di una partita IVA di per sé è un’operazione gratuita: ovviamente se ci si affida ad un consulente per seguire la procedura bisognerà mettere in conto la sua parcella. Ci sono però dei costi di mantenimento e questi variano in base al tipo di regime contabile a cui si è sottoposti, ma anche al volume degli affari, al tipo di consulenza richiesta (che a sua volta varia in base a diversi fattori) e così via.
Giusto per dare un’idea di massima, chi è sottoposto al regime ordinario e deve iscriversi alla Camera di Commercio deve sborsare la quota annuale (si parla di 80/100 euro), i contributi INPS, le imposte IRPEF e IRAP e il costo del commercialista. Chi ha optato per il regime forfettario (rivolto a chi ha ricavi non superiori ai 65.000 euro) è esente dall’IVA e beneficia di una tassazione ridotta; per contro non ha la possibilità di portare in deduzione o in detrazione le spese che sostiene, ad eccezione dei contributi previdenziali obbligatori.