L’allerta dei risparmiatori è sempre molto alta quando si parla di fallimento bancario. Tuttavia, pochi sanno con precisione il fallimento bancario in cosa consiste e quali sono le condizioni in cui si può verificare. Negli anni passati, a partire dal 2008 diverse banche italiane sono fallite, e ciò ha gettato luce su questa eventualità. Ecco di cosa si tratta.
Che cos’è il fallimento bancario e quando si verifica?
Quando si parla di fallimento bancario si intende, più precisamente, una crisi di liquidità che interessa un istituto bancario. Esistono molte norme sia a livello nazionale che internazionale che regolano questa materia che, come abbiamo visto dal 2008 in poi, può assumere diverse forme. In ogni caso, nel momento in cui la banca affronta una crisi di liquidità, più che di fallimento (proprio delle piccole e medie imprese) si parla di liquidazione coatta amministrativa. Attraverso questa procedura si cerca di minimizzare il danno, in primis quello arrecato ai creditori e ai correntisti.
Ad ogni modo, le condizioni affinché si verifichi il fallimento bancario sono piuttosto complicate. In primo luogo, sia lo Stato che altri istituti cercano di scongiurare in ogni modo che ciò accada. Per farlo attingono a prestiti e garanzie ricavati dai soldi dei contribuenti (nel caso dello Stato) o a fusioni, incorporazioni o cessioni (nel caso degli altri istituti). Le banche, infatti, sono un elemento fondamentale dell’economia di uno Stato, anche e soprattutto per via del fatto che rappresentano un “cuscinetto” per la spesa pubblica.
Ciononostante, nell’ipotesi in cui una banca dovesse andare incontro al fallimento, interviene prima di tutto il meccanismo del bail-in bancario. Si tratta di una manovra di salvataggio bancario volta a risolvere la crisi di una banca attraverso il coinvolgimento diretto ed esclusivo dei suoi obbligazionisti, correntisti e azionisti. È un meccanismo regolamentato dall’Unione Europea che vede quindi in prima linea i soci della banca e gli investitori. Solo in ultimo, e molto raramente, il fallimento bancario arriva a toccare le tasche dei risparmiatori con depositi superiori a 100 mila euro, per un massimo dell’8% del totale. Chi invece detiene somme inferiori a questa cifra non è coinvolto dal fallimento bancario, dal momento che in quel caso interviene direttamente una apposita garanzia.
Cosa fare se fallisce la banca in cui si hanno dei soldi
Come già accennato, il rischio che il fallimento bancario coinvolga i piccoli risparmiatori è estremamente remoto. Questi sono infatti gli ultimi a, eventualmente, risentire della situazione di crisi. Comunque, come detto, interviene un fondo di garanzia interbancario, che rimborsa quanto dovuto a ogni risparmiatore.
I risparmiatori che potrebbero essere coinvolti, quindi, sono solo quelli che hanno depositato in banca più di 100 mila euro. Ciononostante, si tratta comunque di una ipotesi molto remota, dal momento che i primi a essere interessati sarebbero soci e azionisti. In ogni caso, l’ammontare totale della liquidità che potrebbe essere prelevata in caso di fallimento bancario non può superare l’8% del totale. Nel caso in cui il conto sia cointestato con un’altra persona, la garanzia del fondo interbancario si applica invece fino alla soglia massima di 200 mila euro. Questo accade perché la garanzia è per persona, e non per conto: ciò significa che per due persone la garanzia è di 100 mila euro a persona, per un totale di 200 mila euro.
Una soluzione per evitare di essere intaccati in caso di fallimento bancario è, molto semplicemente, quella di non detenere più di 100 mila euro presso lo stessa banca. Ciò significa che l’ideale sarebbe avere conti diversi presso banche diverse, affinché diversi conti non si sommino tra loro.
Discorso diverso per quanto invece riguarda i depositi di titoli. Le procedure di salvataggio delle banche non coinvolgono i depositi di titoli, così come le somme investite in polizze assicurative.