Era il mese di settembre del 2008 quando la Lehman Brothers implose scatenando la più feroce crisi economica dopo quella del ’27. Da quel momento, per ben 7 anni, negli Usa i tassi Fed Funds, indicatori del costo del denaro, sono stati equiparati a zero dalla Federal Reserve System – comunemente chiamata Fed – la Banca Centrale Americana.
Adesso, dopo un tempo che è sembrato infinito, durante il quale ci si e’ aggirati intorno allo 0 – 0.25%, è stato deciso un flebile rialzo tra lo 0,25 % e lo 0,50 % insieme al rialzo del tasso di sconto su un range dallo 0.75 % all’1 %.
E’ indubbiamente un nuovo inizio, il segnale di una ripresa per il quale si e’ molto combattuto. L’uscita dal tunnel, per quanto a piccoli passi, viene vissuta con prudenza ma con idee chiare: sono previste quattro mosse a rialzo e il raggiungimento di un tetto del + 1,375 % entro dicembre 2016. Per il 2017 e’ previsto un + 2.625 %, mentre per l’anno 2018 si tende al + 3,375 % con i tassi di lungo periodo in pieno rilancio sul + 3,5 %.
Ovviamente dopo cio’, non poteva evitarsi un contraccolpo di rilievo: l’euro si ritrova in perdita nei confronti del dollaro al di sotto di un valore di cambio di 1,09. Per ora la reazione per tutti i mercati è simile allo scuotersi da un torpore radicato per anni: il Ftse Mib, l’indice azionario di Piazza Affari, registra rialzi del + 2 % , mentre la Borsa di Tokyo viaggia sul + 1.6 % . Wall Street vede il Dow Jones intorno al + 1.28 % con il Nasdaq che procede verso il + 1.52 %. Occhi puntati quindi sui rialzi Fed e su cosa cambiera’ prossimamente nel panorama dell’assetto monetario internazionale.