Nell’ordinamento italiano esistono alcune norme particolarmente stringenti che colpiscono chi è colto in flagrante a commettere dei reati legati al possesso di sostanze ritenute illegali. Pertanto, al fine di non subire conseguenze alquanto spiacevoli, è necessario rigare dritto; a tal fine, esistono dei parametri normativi assolutamente fondamentali per mantenere inalterato il proprio profilo giuridico. L’articolo 75 – una legge che vede la propria origine nel 1990 – sanziona chi detiene, usa o importa sostanze psicotrope o medicinali contenenti materiali illeciti comminando determinate sanzioni come: sospendere amministrativamente la propria patente di guida, divieto di ottenere il porto d’armi o la sospensione qualora sia già in essere, del permesso di soggiorno e del proprio passaporto.
Un approfondimento ulteriore sull’art 75
Volendo approfondire ulteriormente la faccenda introdotta poc’anzi, si può dire che l’art 75 presuppone, nella previsione rubricata nel comma 1, che gli organi di polizia intervengano contestando immediatamente l’illecito e, qualora le circostanze lo impongano, illustrino gli esiti degli esami tossicologici sulle sostanze sequestrate entro il termine irrevocabile di 10 giorni. Se, poi, nel corso dell’ispezione il soggetto interessato si palesa con un’auto o un ciclomotore, gli addetti delle forze dell’ordine possono ritirare immediatamente la patente di guida inasprendo il provvedimento in tal senso. Tuttavia, proprio nella casistica relativa al ciclomotore, si procede direttamente con il fermo amministrativo e con il contestuale ritiro della certificazione imperniata sulla idoneità tecnica del mezzo.
Nel momento in cui al sanzionato viene sospesa la patente, questo documento passa direttamente nelle mani del prefetto territorialmente competente. Pertanto, se si conduce il proprio automezzo sprovvisti di tale requisito burocratico o lo si usa nonostante il fermo amministrativo, verranno applicate le sanzioni degli articoli 241 e 216 senza escludere le successive modificazioni. Quindi, appare evidente che la morsa giudiziaria in tal senso sia notevolmente stringente non solo per tutelare la comunità circostante ma anche per valorizzare un auspicabile livello di auto responsabilità da parte di chi ha commesso l’infrazione.
Una volta trascorsi quaranta giorni (o anche prima), il prefetto può convocare il diretto interessato per effettuare un colloquio e valutare se ci siano tutti i presupposti per un ritorno alla normalità. Inoltre, nel corso del colloquio in questione, possono essere determinate le eventuali sanzioni amministrative da applicare in via ulteriore (come la sospensione della patente per sei mesi) o la dislocazione verso centri riabilitativi convenzionati con il sistema sanitario nazionale per azzerare del tutto una dipendenza tossicologica.
Qualora il soggetto chiamato in causa non risponda all’invito di cui sopra, le sanzioni precedentemente comminate si inaspriranno e metteranno il colpevole in una situazione alquanto gravosa – non solo per lui ma anche per chi gli sta accanto. Quindi, l’art 75, assieme alle sue svariate sfumature legislative, punisce chi commette un reato ma cerca comunque di tendere una mano nei confronti di coloro i quali vogliono rimediare a quanto accaduto. Il tutto, però, dipende sostanzialmente dalla volontà di reagire e di cambiare le cose del diretto interessato colto in flagrante.