Il Jobs Act è una riforma del lavoro attuata nel 2015, sotto il governo Renzi, ma che cosa stabilisce di preciso? Per saperne di più, si può continuare a leggere questa pagina.
Che cosa prevede e i tempi in cui è stato attuato
Le riforme del testo Jobs Act riguardavano in particolare i temi del lavoro, della sicurezza, delle pensioni e degli ammortizzatori sociali. Con esso, erano previsti delle novità nei contratti, in particolare riguardavano i cambiamenti nella modalità di gestione di alcuni tipi di licenziamento e la riforma degli ammortizzatori sociali, come la Cassa Integrazione ed il trattamento di disoccupazione.
Il 20 febbraio del 2015, il Consiglio dei Ministri approvò i primi due decreti attuativi del Jobs Act, che introducevano tutele crescenti e nuovi ammortizzatori sociali nel contratto a tempo determinato. Altri decreti furono attuati nel corso del suddetto anno fino all’ultimo, entrato in vigore nell’ottobre del 2016, riguardante le assunzioni dei lavoratori e la loro sicurezza.
I temi del Jobs Act
Sono vari i decreti del Jobs Act e riguardavano vari temi. Tra essi si possono citare i contratti, e si rendevano più stabili quelli a tempo indeterminato per renderli più convenienti, con un drastico riordino dei tipi di contratto, abolendo quelli più “precari”, come i contratti di collaborazione a progetto. Si introduceva poi la possibilità di demansionamento, in caso di riorganizzazione aziendale, ma con limiti alla modifica dell’inquadramento.
Per quanto riguarda i licenziamenti, il Jobs Act stabiliva la possibilità al reintegro dei neoassunti, in caso di licenziamento disciplinare ingiustificato, mentre per coloro che erano stato licenziati con giusta causa non era previsti il reintegro ma solo un indennizzo.
In merito al welfare, sono tre le riforme importanti effettuate all’inizio, ovvero:
- la riforma CIG (Cassa Integrazione Guardagni), nel quale si stabiliva che in caso di cessazione definitiva era impossibile autorizzare la CIG nel caso della cessazioni definitiva dell’attività aziendale, valutando anche i limiti della durata, la partecipazione aziendale e le aliquote ordinarie;
- la riforma ASPI, che andava estesa ai collaboratori e prolungata in caso di disagi economici. In questo caso, la durata del trattamento di disoccupazione poteva essere rapportata in base alla propria storia contributiva;
- gli adempimenti online, ovvero alcuni lavoratori potevano attuare il lavoro per via telematica in alcuni casi.
In questo decreto, si riportavano anche i contratti di solidarietà, con l’obiettivo di consentire alle aziende di aumentare il proprio organico, in modo da ridurre l’orario di lavoro e, di conseguenza, anche la retribuzione. Tuttavia, erano anche previste delle ferie solidali, in cui si confermava per il lavoratore la possibilità di cedere ai colleghi i propri giorni di ferie, in caso di plus, in alcuni casi. Ad esempio, se il lavoratore deve assistere dei figli minorenni che necessitano di cure.
Non potevano mancare, in un decreto del genere, dei sussidi in caso di sospensione del lavoro, ed essi si distinguevano di importo e durata a seconda dei casi. Ad esempio, in casi di crisi dell’azienda, il lavoratore poteva percepire l’80 % dello stipendio per un massimo di tredici settimane consecutive, con proroghe in casi eccezionali che potevano durare fino ad un anno.